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Le reti del baratto in Argentina e in Grecia

di Marina Sitrin
lunedì 20 luglio 2015

“Come è sopravvissuta l’Argentina alla crisi economica? “Stanno meglio adesso?” “Che cosa è successo alle acquisizioni di fabbriche?” “Milioni di persone hanno realmente partecipato alla rete di baratto? Hanno davvero inventato nuovo denaro?”.

Queste sono alcune delle molte domande che mi sono state rivolte dai greci, specialmente nelle scorse settiman, collegate alla loro crisi economica e alla possibilità di auto-organizzazione e sopravvivenza. La mia prima visita in Grecia è stata dopo una rete di assemblee tradotta in Greek Horizontalism: Voices of Popular Power in Argentina [“Orizzontalismo greco: Voci di potere popolare in Argentina”, uno dei libri più noti, tradotto in molti paesi, di Marina Sitrin è Horizontalism: Voices of Popular Power in Argentina ndr], una storia orale che ho compilato sulle ribellioni popolari e le forme di organizzazione apparse in Argentina dopo la crisi del 2001. Ho continuato a visitare la Grecia nel corso degli anni, e l’ultima occasione è stata nei giorni precedenti al referendum dove i greci hanno votato un sonoro “No” all’austerità e alla coercizione dell’Unione europea.

In questo articolo incentro la mia attenzione sulle reti del baratto, sia perché è un problema specifico che viene ripetutamente sollevato in Grecia e anche perché ci sono alcune forme molto concrete di organizzazione e lezioni che si possono trarre dall’esperienza. Un altro motivo è che ci sono già molte forme diverse di baratto in tutta la Grecia, dal commercio locale tra villaggi basato sulla storia e le usanze, all’interno di famiglie e da famiglia a famiglia e fino a un numero crescente di spazi di scambio organizzati da attivisti e comunità. All’interno di questa cultura del baratto, sorgono domande immediate sul modo in cui le reti si possono espandere, se sono la base giusta per una rete basata sulla valuta, e che tipo di appoggio si può chiedere al governo per contribuire ad assicurare la loro esistenza.

“In ogni quartiere le persone erano in grado di mangiare grazie a questo rapporto di baratto – eravamo tutti coinvolti e ci ha cambiato tutti” (Nicolas, sub.coop. Una conversazione a Buenos Aires, Argentina, nel 2003)

Le stime variano, ma un numero che va da circa quattro a sette milioni di persone hanno partecipato alle reti di baratto nei primi anni dopo la crisi economica in Argentina. Per innumerevoli persone ha significato la differenza tra il sopravvivere o no, tra il mangiare ricavandone un nutrimento oppure no. Mentre le reti decollavano con numeri enormi dopo il crollo economico del 2001, c’è una lunga storia del baratto di merci con merci in Argentina, così come c’è in moltissime parti del mondo.

Le due cose che sono uniche nella forma e nel numero dopo il 2001, erano il prevalere dello scambio di servizi, sia per merci e altri servizi, che per la rappresentazione di valore posta su questi scambi. Lo scambio di servizi è iniziato a causa del crollo economico totale, quando le persone o erano senza soldi o non in grado di accedere al denaro che una volta avevano posseduto. La gente non poteva più comprare le merci o i servizi, e così cominciarono a scambiarsi qualsiasi cosa, dalla riparazione delle tubature dell’acqua o ai terrazzi sul tetto alle crescenti necessità di terapie mediche. Gli scambi avvenivano con qualsiasi servizio immaginabile. In alcuni posti un servizio veniva scambiato con un altro e le due parti decidevano la quantità di tempo o il tipo di servizio che costituiva uno scambio equivalente. In altri posti i servizi venivano barattati con merci, come spiegavano Nicolas e Gisela.

“Io (Gisela) facevo le empanadas (una specie di involtini ripieni di carne o verdure, ndt) e le scambiavo con riparazioni al mio appartamento, e io (Nicolas) fotografavo le persone e le scambiavo con biglietti dell’autobus o con qualsiasi altra cosa di cui avevamo bisogno”.

Prima della crisi economica pochi ecologisti urbani iniziarono a sperimentare l’uso di un buono come rappresentazione di valore di scambio in modo che le persone che non avevano accesso al denaro, potevano ancora accedere alla cose di cui avevano bisogno. Il loro esperimento a Quilmes, un sobborgo fuori Buenos Aires, era già decollato nel 2001 e dopo il crollo economico fu usato come modello per lo scambio di merci e servizi. Funzionava così: un posto veniva usato per ospitare il baratto (si chiamavano club de treuque, cioè circoli per il baratto); la gente si univa alla rete in quel posto che si chiamava nodo, cioè no dinero, niente soldi). Ogni persona che aderiva doveva prima frequentare degli incontri di orientamento e veniva incoraggiata a pensare a che cosa poteva portare al baratto come forma di scambio; era una delle prime regole per la partecipazione. L’idea era che ogni persona è allo stesso tempo produttore e consumatore (si chiamavano prosumidores). Ogni nodo era autonomo e creava le sue proprie regole – come, per esempio, quanti dei crediti – cioè rappresentazione del valore nello scambio – una persona avrebbe ricevuto quando cominciava a partecipare. Tutti avevano la stessa regola che la valuta ufficiale, il peso, era proibita. Il commercio reale per aveva luogo per un lasso di tempo compreso tra un’ora e molte ore, una volta o poche volte a settimana e si svolgeva in vari posti: dai centri delle comunità e dai parchi fino a posti di lavoro recuperati. All’inizio del 2002 c’erano oltre 5.000 circoli di baratto con molte migliaia di persone che partecipavano regolarmente a ogni nodo.

Nicola descrive come funziona.

“Si compravano materie prime e poi si usavano per fare altri prodotti che si potevano vendere. Per esempio di comprava la farina, lo zucchero e varie cose per fare ravioli o dolci. Si vendevano/scambiavano alcuni prodotti e grazie a questo potevamo ottenere di più che soltanto i prodotti per fare di nuovo i dolci da portare altro al prossimo baratto, ma si poteva comprare anche frutta e, in realtà, qualsiasi cosa che si sarebbe mangiata. E poi di nuovo così, ma questa volta forse di più e si poteva scambiare per una visita dal dottore. Funzionava così e ha funzionato bene per lungo tempo”.

Poi, dato che milioni di persone erano coinvolte attivamente, l’economia del baratto crollò. Più o meno nello stesso periodo in cui i tre iniziatori di questo furono arrestati dal governo e accusati di una lunga lista di accuse collegate alla creazione e al cambio illegale di valuta, milioni e milioni di crediti inondarono il mercato del baratto, causando una iperinflazione. L’economia dei crediti crollò. Il timore che ci sarebbero stati molti altri arresti e il collasso dell’economia del baratto, contemporaneamente, ha fatto in modo che le persone si volgessero ad altri modi di sopravvivenza e di baratto, senza rappresentazione di valuta. Ci fu un successivo massiccio declino nel baratto.

C’è stato di nuovo un aumento delle reti di baratto in Argentina, fin dal 2009, ma comunque nulla della portata del dopo crisi del 2001.

Parliamo della domanda che fanno così tanti greci: che cosa si può imparare dall’esperienza dell’Argentina? Forse una delle prime cose da fare è convincere il governo di Syriza ad acconsentire a non criminalizzare la partecipazione alle reti di baratto, qualsiasi tipo di valuta di cambio venga elaborata. Potrebbe essere sotto forma di legge, o di accordo scritto, comunque esso sia fatto, cosa che si dà il caso sia fondamentale. La seconda è da imparare dalla massiccia contraffazione dei crediti. Mentre è opinione comune e popolare, che è staro il governo a sabotare la rete di baratto in Argentina, non c’è nulla che possa impedire a un altro gruppo nefando di fare lo stesso. Come si può, quindi impedire? Un suggerimento è stato di cambiare regolarmente la valuta. Un altro è di averne una con un inchiostro che scompaia fisicamente col tempo, rendendo così impossibile l’accumulo. Sono sicura, conoscendo le sfide affrontate dall’Argentina, che i greci possono inventarsi una soluzione creativa.

La cosa più importante è che milioni e milioni di persone in Argentina sono sopravvissute scambiando quello che già avevano, che potevano fare o costruire. Mentre la Grecia è insulare geograficamente, non lo è politicamente. I movimenti e i gruppi di tutto il mondo sono ansiosi di appoggiare i continui e sempre più ampi tentativi del popolo che si organizza dal basso per sopravvivere. E non soltanto per sopravvivere – c’è una possibilità di ricreare e di riorganizzare la società dal basso. Il baratto con un valore nel cambio, è soltanto uno dei molti strumenti possibili in questo processo. Forse la Grecia non può soltanto mostrare la strada con mezzi alternativi di scambio nell’ambito della Grecia, ma può iniziare una rete globale di scambio al di fuori dell’economia capitalista formale. Come hanno imparato gli argentini, la crisi è un’incubatrice di invenzioni. I movimento di tutto il mondo sono ansiosi di appoggiare i movimenti greci in qualunque modo sia possibile.

Marina Sitrin è scrittrice, sociologa, insegnante, militante e sognatrice. Articolo pubblicato su TeleSUR English, scelto e tradotto per Znet italy da Maria Chiara Starace (traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0)



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