Non c’è persona ricca o povera, bianca o di colore, religiosa o atea che non abbia sognato almeno una volta di volare o di cadere. Ci sono sogni che attraversano le epoche e appartengono a tutte le culture. Sogni che non conoscono barriere temporali o geografiche, archetipi del nostro immaginario che ci inseguono da sempre e ovunque.
Un giornalista newyorchese, Roc Morin, si è divertito a raccogliere su Facebook i sogni di persone sparse in tutto il mondo. Il suo progetto si chiama World Dream Atlas ed è un atlante interattivo delle nostre fantasticherie notturne, una specie di psicoterapia universale al tempo dei social network. Può partecipare chiunque, mandando una fotografia e raccontando un proprio sogno. Qualcuno posta canzoni, altri video.
Dopo dieci mesi di lavoro, Morin ha collezionato materiale da 17 paesi, raccontando la sua avventura sulla rivista americana Atlantic Monthly e deducendone che se è vero che ogni paese sogna a modo suo, è altrettanto vero che ci sono immagini ricorrenti a tutti. Il sogno di Icaro, quello di sfidare la gravità è il più diffuso. Una donna indiana racconta che di notte sfarfalla leggera di albero in albero. Una californiana vola attratta dalla luce della luna, chissà se anche lei per recuperare il senno perduto come Astolfo nell’ Orlando Furioso di Ariosto. Il cadere non è che l’altra faccia del librarsi in aria: chi osa sfidare gli dèi è chiaro che rischia di precipitare. Le differenze tra paese e paese dipendono invece dalle rispettive storie. Le condizioni ambientali e sociali hanno un peso. Chi vive in zone di guerra, come in Ucraina, è perseguitato da armi e violenze. Qualcuno scrive dalle città di confine del Messico e racconta della paura che divora anche le ore notturne. Il sonno delle donne afroamericane è evidentemente più agitato di quello delle angloamericane. Un recente studio ha mostrato che i bambini palestinesi di aree di conflitto hanno paura di essere aggrediti anche mentre dormono. Gli analisti che hanno avuto a che fare con i figli dei desaparecidos raccontano di un catalogo di orrori notturni degno della fantasia di Edgar Allan Poe. I più serafici sono gli islandesi: il 54 per cento della popolazione crede agli elfi, su Facebook parlano di creature e mostriciattoli degni di un romanzo fantasy. Gli americani invece stupiscono con il loro immaginario apocalittico: scenari post-atomici e guerre nucleari si affiancano ad attacchi terroristici di ogni tipo. E i più fortunati sognano le celebrities. Tra le più gettonate, Angelina Jolie e Beyoncé, oltre all’intramontabile Marilyn Monroe. Hollywood rimane la fabbrica per eccellenza dell’immaginario americano. Un tizio che scrive da New York racconta di aver sognato di portare sulle spalle giù da una montagna James Spader, il protagonista della serie tv Blacklist. Nessun paese più dell’India è invece attratta dagli déi. Gli indiani fanno sogni affollatissimi di divinità. D’altra parte vivono a contatto con immaginette varie del dio elefante Ganesh o di Shiva dipinto di blu o dello scimmiesco Hanuman. Uno dei best seller più amati degli ultimi tempi è infatti Shiva Trilogy di Amish.
Il catalogo visionario via Facebook invoglia a sbizzarrirsi, incutendo meno timore di una seduta psicoanalitica. Ricorrono anaconde giganti e mostri degni di fantasie surrealiste. Anche gli animali spesso volano. Ma non deve stupire. Non è affatto strano che di notte ci spuntino le ali. Anche Morfeo era alato. E lo era anche Oniro, mandato da Zeus a versare i sogni nelle nostre teste. In fondo sono ancora loro che ci compaiono davanti quando ci addormentiamo.
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