Differenti ma non diseguali. Educare all’uguaglianza e alla libertà, praticare il conflitto, immaginare il cambiamento" 2° Seminario interno di IFE Italia (Iniziativa Femminista Europea)
Venerdì 16 ottobre 2009 Ore 20.30 "Organizzate è meglio: la struttura, le adesioni, la presenza territoriale, la visibilità di IFE Italia” Introducono: Anita Giuriato e Cinzia Colombo
Sabato 17 ottobre 2009 ore 9.30/13.00 Primo laboratorio: "L’uguaglianza non ci basta. Un punto di vista di genere femminile per ritessere i fili spezzati fra lavoro,diritti,democrazia e laicità" introducono Giovanna Vertova e Nicoletta Pirotta
Pranzo insieme
ore 14.00/17.30 Secondo laboratorio: "Madri per sempre, pupe e oche giulive. Quando la differenza diventa stereotipo" introducono Alessandra Vincenti e Rita Fiorani
17.30/ 18.00 " A piccoli passi verso il futuro. Sintesi delle giornate e iniziative per continuare a camminare" a cura di Emanuela Garibaldi e Mapi Trevisani
Luogo: Besnate (VA)
Info: ife.efi.italia@gmail.com
REPORT “Differenti ma non diseguali” Educare all’eguaglianza e alla libertà, praticare il conflitto, immaginare il cambiamento 2° Seminario IFE Italia 16 e 17 ottobre 2009 Besnate di Gallarate (VA)
Come Ife Italia abbiamo dato vita al nostro secondo seminario ( il primo era servito a definire meglio noi stesse e a promuovere il nostro percorso di radicamento) sul tema “Differenti ma non diseguali” nel quale abbiamo iniziato ad analizzare le questioni economiche intrecciate a quelle democratiche e la costruzione degli stereotipi femminili. La scelta non è casuale perché noi riteniamo che solo un’analisi sistemica sui piani materiali e simbolici dei due poteri dominanti, quello patriarcale e quello capitalista, possa consentirci una conoscenza più articolata e un’azione più efficace. Nella prima parte del seminario ci siamo confrontate, aiutate dall’introduzione di Giovanna Vertova (economista e docente universitaria) e Nicoletta Pirotta (del segretariato europeo di IFE, attualmente funzionaria presso un gruppo consigliare in regione Lombardia), sul modello economico e sociale liberista , oggi peraltro in crisi, che si è fondata sulla costruzione del “mercato globale” caratterizzato dalle frammentazione dei luoghi e delle filiere produttive, sul raddoppio della forza lavoro (utilizzando in particolare e non a caso le donne) , la precarizzazione del lavoro stesso e il conseguente aumento di dumping sociale, sulla forte competizione intercapitalista, sulla finanziarizzazione dell’economia che ha inglobato persino le lavoratrici e i lavoratori attraverso la figura della/del “consumatore indebitato”. Un simile processo di precarizzazione/finanziarizzazione ha deprivato il lavoro del suo “valore sociale “ ( nel secolo scorso in grado, pur nelle sua condizione alienata, di promuovere soggettività critica personale e collettiva), svuotato il principio di uguaglianza (su cui ancora si fonda la nostra Costituzione), decostruito i sistemi pubblici di welfare che seppure parzialmente, a causa del loro carattere familistico (cioè il lavoro gratuito di riproduzione sociale svolto dalle “donne di famiglia”), avevano comunque alluso ad una possibile socializzazione dei lavori di cura ed al valore sociale della maternità e dunque ad una timida sostanzializzazione del principio di uguaglianza. Tutto ciò ha pesanti ricadute sull’assetto democratico : oggi sull’uguaglianza prevale il privilegio che costruisce una società fortemente asimmetrica, escludente, ingiusta e violenta dove prevalgono sentimenti di invidia, disagio, insicurezza, paura. Se si considera che parallelamente a tutto ciò si assiste ad una nuova riproposizione dell’ “ordine simbolico paterno” nella versione volgarizzata del “papi” e in quella fondamentalista delle gerarchie religiose , si possono cogliere tutti i rischi sul piano della libertà e del diritto all’autodeterminazione in particolare per le donne. Ecco perché nella seconda parte del seminario abbiamo voluto ragionare sullo “stereotipo femminile ”, in particolare sul come si forma, agisce e produce “senso comune”. Aiutate dalle introduzioni di Alessandra Vincenti (sociologa e docente universitaria) e Rita Fiorani (IFE Italia, psicologa ed educatrice) abbiamo constatato il tentativo di stravolgimento dell’enunciato “il personale è politico”, originariamente appartenente al movimento femminista, oggi banalizzato e svuotato di significato in alcuni segmenti - pervasivi e insidiosi - della comunicazione nella società contemporanea. Oltre alla suddetta mistificazione, i linguaggi di televisione e pubblicità, che si richiamano alla dimensione simbolica e all’immaginario collettivo, sempre più offendono e umiliano le donne. Osservando le immagini e analizzando i messaggi più diffusi, abbiamo incontrato gli stereotipi sessisti più deprecabili. Ciò che tutte/i abbiamo sotto gli occhi talvolta passa “quasi” inosservato, ma condiziona la percezione dei fenomeni e la soglia di tolleranza alla volgarità e alla violenza psicologica, più o meno mascherate. Nell’esposizione del corpo femminile vi è una duplice valenza: pornografia e sacralità nella fissità di un corpo sottratto al tempo. Recuperare e rendere visibile una soggettività femminile riconosciuta socialmente, implica, necessariamente, un lavoro di: 1) demistificazione; 2) controinformazione; 3) il coraggio di vivere e “dire” un desiderio non subalterno a quell’immaginario erotico maschile che svilisce e mercifica i corpi delle donne. Gli stereotipi hanno sempre un nesso con la cultura dominante che li esprime. Per questo, in quanto donne, dovremmo usare il linguaggio nel suo ancoraggio materiale con il reale nella sua molteplicità. Non dobbiamo porci il problema di come essere adeguate a certo lessico politico autoreferenziale, ma cercare di esercitare un contropotere senza mai perdere di vista la condizioni di esistenza delle donne proletarie. Sul tema degli stereotipi relativi alla maternità il dibattito si è focalizzato sui seguenti aspetti: ·Incapacità dell’ordine simbolico dominante di rappresentare la dimensione dell’ immaginario materno. ·La scissione (che la cultura occidentale stessa impone) tra sessualità e maternità ha varie radici, da rintracciare sia nell’enfasi delle spiegazioni biologistiche relative alla differenza sessuale e di genere, sia nella sacralizzazione/idealizzazione della maternità operata dalle religioni monoteiste. Dopo un confronto ed una discussione partecipata dal seminario siamo uscite con due obiettivi concreti: a)costruire un’iniziativa su lavoro/economia/democrazia che provi, con sguardo femminista, a delineare i confini di un nuovo welfare pubblico: b)contrastare lo stereotipo femminile attraverso un percorso di “educazione popolaredi genere femminile” che provi a mettere in circolazione un pensiero critico differente. IFE Italia
Per contatti : ife.efi.italia@gmail.com
Ottobre, 2009
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