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Donne sull’orlo di una crisi

di Virginia Negro
giovedì 23 maggio 2013

Questa storia inizia a Glasgow e racconta la meschinità e l’ingordigia di un nutrito gruppo di signorotti scozzesi che, mentre migliaia di concittadini combattevano nella Grande guerra, pensando a tutte quelle indifese mogliettine abbandonate nelle loro case decisero di aumentare gli affitti. Ma avevano fatto male i conti. Davanti alla minaccia dello sfratto le donne iniziarono a lavorare, a occupare le strade e le piazze, picchettando la città e difendendosi dalla polizia con granate di farina. Allora i padroni decisero di rincarare la dose: se l’inquilino sfrattato risultava colpevole dinnanzi al giudice, si sarebbe trovato senza casa e obbligato a rimborsare integralmente le spese legali del suo ex proprietario.

E questo fu il momento in cui si fece la Storia con la S maiuscola. Mary Barbour, una giudice e attivista locale, organizzò una manifestazione davanti al tribunale: le donne erano talmente numerose e agguerrite che venne chiamato d’urgenza l’allora ministro Lloyd George e nel giro di qualche giorno fu approvata una legislazione che bloccava gli affitti almeno fino al termine della guerra. Non c’è traccia di queste eroine nei manuali scolastici, le abbiamo dimenticate e la punizione è l’eterno ritorno dell’uguale.

Non c’è la guerra ma c’è la crisi, non siamo in Scozia ma nel cuore del mediterraneo: a Siviglia un gruppo di donne sfrattate occupa un edificio disabitato nel centro della città. Ora grazie a loro più di 120 persone hanno risolto una gravissima emergenza abitativa. Davanti al moltiplicarsi degli sfratti e ai suicidi che crescono di mese in mese, la risposta della cittadinanza è stata quella di riprodurre il modello di questo collettivo al femminile creando il movimento de Las corralas. La sua bandiera è quella della vita in comune, nei cortili degli edifici occupati si organizzano corsi di ballo e riunioni, sono in funzione nidi per i bambini delle famiglie e le decisioni vengono prese assemblearmente. L’impegno del movimento va oltre la battaglia per il diritto alla casa: si vuole cambiare il modus vivendi, si propone un nuovo modello di società.

Sempre in Andalusia, sempre un gruppo di donne all’origine di un’altra storia di lotta alla precarietà. Somonte è una fattoria di 400 ettari occupata da un gruppo di agricoltori. Anche questa volta l’iniziativa è nata dall’idea di alcune lavoratrici capeggiate dalla sindacalista Lola Álvarez (SAT, Sindacato dei Lavoratori Andalusi). Non stiamo parlando solo di produrre avena e verdura secondo il motto “la terra è di chi la lavora”, ma di una nuova forma di micro-società che Lola battezza come la “nuova famiglia”. I lavoratori infatti vivono insieme, organizzano turni per preparare i pasti e ospitano chiunque voglia unirsi al lavoro nei campi e soprattutto alla lotta e alla militanza. Tornando in città, più precisamente nella capitale iberica, un altro esempio è quello della rete di orti urbani RHUM (Red Huertos Urbanos de Madrid). Una realtà che nel corso degli anni è cresciuta grazie a un modello decentralizzato formato da centinaia di piccole realtà che si coordinano attraverso il web. E anche qui la presenza femminile è preponderante.

Tutti movimenti che nascono dall’iniziativa di donne, ma nessuna vuole sentirsi chiamare femminista. Sono donne che costruiscono un ponte aprendosi a un’eterogeneità più comprensiva dove la connotazione di genere si dissolve per lasciare al progetto comune il posto di unico protagonista. Ma non è un caso se queste nuove realtà nascono con tratti femminili. È piuttosto una conseguenza dell’attuale congiuntura economico-politica che vede dissolversi un caposaldo dell’ideologia capitalista: l’antitesi pubblico/privato. Il cittadino non solo sta perdendo il suo status di consumatore felice ma si trova destabilizzato nella sua quotidianità, senza la sicurezza di una casa, di un lavoro, di una pensione, privato della possibilità di aiutare i suoi figli o i suoi cari. Ecco allora che ambiti fino a poco fa considerati come privati diventano terreno di conflitto politico. La quotidianità, il modo di abitare, la casa, si trasformano e diventano teatro della lotta politica.

Da sempre la categoria legata a questo lavoro ri-produttivo, in opposizione a quello che viene definito come produttivo e associato alla mascolinità, è stata quella delle donne. Naturale allora che la battaglia inizi da loro, ma guai a confonderla con una lotta per le donne. Stiamo parlando di una rivendicazione includente, una piattaforma rivoluzionaria che esige lavoro, casa e dignità per tutti. Di riflesso, pur non volendo spesso coscientemente costruire un’alternativa, questi movimenti stanno cambiando la nostra esperienza della realtà sociale. Ci si riappropria fisicamente e simbolicamente degli spazi pubblici, si cerca una sostenibilità attraverso la creazione di reti glo-cali, che si coordinano globalmente grazie alle nuove tecnologie e si gestiscono localmente attraverso meccanismi di democrazia partecipativa diretta, come le assemblee di quartiere, i gruppi di vicinato eccetera… La politica, quella dei partiti e dei movimenti sociali, tra cui il femminismo, deve aprire il cammino a queste utopie, o rischiamo davvero di fermarci in una zona d’ombra.


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Donne sull’orlo di una crisi

24 marzo 201911:43, di johndd110
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