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Quale Europa per quale Italia

di Roberto Musacchio
mercoledì 29 agosto 2012

Mentre il Pd sembra scegliere come proprio profilo fondamentale quello dell’antigrillismo, per giunta gridato, e’ Eugenio Scalfari, come capita sovente, a definire il quadro di quello che dovrebbe essere lo scenario di prospettiva.

Nel consueto editoriale della domenica l’uomo che tanto ha influito nella modificazione genetica di quella che fu la più grande sinistra d’Europa dice tre cose che hanno un peso non indifferente.

Le riassumo brevemente. Primo. L’azione del governo Monti deve usare questi mesi rimanenti per influire nel passaggio aperto nella dimensione europea e che e’ quello della definizione di una possibilità di intervento strutturale sugli spread per limitarne i differenziali. Per far si che questa possibilità si realizzi forzando le resistenze tedesche occorre predisporre una propria idea di memorandum per l’Italia che non dovrebbe tanto avere una funzione quantitativa ma qualitativa, rendendo cioè ancora più ampie e irreversibili le riforme fatte e da fare. In tal modo Monti otterrebbe non simbolicamente ma oggettivamente di determinare tutta la prossima fase.

Secondo. C’e un raffreddamento della Merkel verso l’idea di Europa federale. I francesi sono ancora più restii. Per rilanciare il federalismo occorre dunque agire provando ad esplorare vie nuove. Scalfari ne indica due. La prima e’ quella di una iniziativa rivolta in primo luogo ad alcuni Paesi come Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria per creare un Club mediterraneo con proprie regole ed istituzioni comuni che rimane nella Ue ma si muove come soggetto e si rapporta ad altre realtà come quelle del Nord Africa o del Sud America disposte a tale interlocuzione. La seconda e’ la riforma necessaria della stessa Ue per la quale Scalfari propone un modello presidenzialista di tipo Usa, con presidente eletto che nomina il governo federale. Il Parlamento Europeo dovrebbe essere eletto su base europea e non nazionale. Su questioni fondamentali di natura europea si dovrebbe esprimere il popolo anche qui su base europea.

Fin qui dunque Scalfari. Il che e’ sicuramente molto di più di quanto detto nel documento programmatico del Pd che per altro solertemente indica la strada della continuità con gli accordi sottoscritti e dunque col Fiscal compact. Nuova conferma al perché i partiti sono diventati esecutori di scenari definiti da altri. Ma torniamo al merito. Scalfari comincia a definire gli elementi complessivi di un modello istituzionale neoliberale compiuto per l’Europa e per l’Italia. La premessa - condizione perché esso si realizzi e’ che gli elementi di democrazia socialmente connotata che hanno caratterizzato l’Europa del dopoguerra non siano più l’architrave del suo modello istituzionale e che al pari le alternative di sistema vengano escluse in radice. Per questo la stabilizzazione costituzionale delle scelte fatte in questo periodo, fino al Fiscal compact, e’ fuori discussione. Essa e’ la premessa della rivoluzione conservatrice e su questo non si tratta. Chi dice che Monti e’ una parentesi emergenziale non sa, o non vuole dire, di che parla. La questione non e’ se Monti rimarra’ ma che sono intoccabili le cose fatte in questa fase. E sulla fase Scalfari dice qualcosa di più perché esplicita l’idea di un Memorandum per l’Italia funzionale a sbloccare le norme di riduzione degli spread. Sarebbe opportuno che i partiti impegnati in una fiera lotta antigrillo ci dicessero cosa ne pensano. Ma poi Scalfari si spinge oltre a definire l’assetto a regime del dopo rivoluzione conservatrice neoliberale. Qui ci sono spunti che richiedono riflessioni ed interlocuzione che pero’ sono possibili se si hanno idee in proposito. La previsione di Scalfari e’ che la Merkel riporrà nel cassetto l’idea federale perché non voluta dal popolo tedesco.

Io ho i miei dubbi. Se guardo alla debolezza strutturale della Spd che sostanzialmente sta accompagnando la Cancelliera non vedo certo l’impegno tedesco per il federalismo come frutto di una battaglia dei socialdemocratici. Come e’ evidente l’impianto nazionale di Hollande. Ma e’ proprio dalla Merkel che mi aspetto una capacita’ di movimento che del resto ha dimostrato fin qui di avere determinando, naturalmente secondo propri tempi e convenienze, una mole di decisioni fin qui impensabili. In attesa del pronunciamento della propria Corte Costituzionale, la Cancelliera e’ tornata a riproporre la modifica del trattato costituzionale europeo che per altro e’ prevista nella risoluzione del Consiglio europeo di luglio che affida il potere di istruirla ad una Troika formata da Consiglio, Commissione e Bce! Il punto e’ quale riassetto istituzionale si deve dare l’Europa e dunque anche cosa c’e sotto la dizione Federale. Se il tema e’ quello di un presidenzialismo fortemente decisionista e vocato alla realizzazione del quadro neoliberale definito, e di cui il Fiscal compact e le prossime unioni fiscali e monetarie sono l’architrave indiscutibile, perché la Germania non dovrebbe compartecipare e eleggere un proprio presidente? Che poi sarebbe il presidente di quell’ accordo tra i poteri economici, e non solo nazionali, che sta pilotando la rivoluzione conservatrice. In questo quadro per altro le libertà che Scalfari propone di prendersi come Club mediterraneo ( con l’Austria e l’Irlanda! ) appaiono una sorta di diversivo anche piacevole. Come e’ piacevole che Scalfari proponga un Parlamento Europeo eletto su liste europee. Io sono d’accordo!

Ma penso che e’ questa nuova base parlamentare che debba fornire l’architrave di una rivoluzione democratica che si fondi sul rilancio del modello sociale europeo e non sul suo azzeramento in chiave neoliberale. Una costituente democratica si deve fondare su una base parlamentare e non su quella presidenziale. E’ la storia europea che va in questa direzione. Ma lo e’ancor di più l’esigenza dell’oggi. Ciò che serve ad una Europa democratica e’ un processo di armonizzazione sociale che e’ stato del tutto fallito dall’impianto monetaristico e liberale che ha al contrario divaricato a dismisura i differenziali. Lo dimostra il bilancio della strategia di Lisbona.

Il parlamentarismo europeo e la costruzione, finalmente, dei corpi intermedi e partecipativi di una vera democrazia europea sono indispensabili al compito storico dell’armonizzazione. Sono l’esatto opposto di un presidenzialismo che sancirebbe ancor di più l’attuale quadro e che infatti vede Scalfari cercare la via di fuga mediterranea. Scalfari poi propone referendum europei e io sono d’accordo. Ma perché non cominciamo subito dando voce al popolo per sapere cosa pensa del Fiscal compact? E perché non si elegge subito una Assemblea Costituente per fare un nuovo trattato costituzionale?

Ci insegna Balibar che il Demos europeo o e’ sociale o non e’. Credo che Scalfari, ma non solo lui, farebbero bene a rileggerselo.



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