Si stima che , in Italia, il lavoro in “nero” cioè quello invisibile (senza diritti e senza “corpo”) , abbia un “valore” economico che si aggira intorno ai 275 miliardi di euro.
2 milioni, secondo l’ISTAT, è il numero di chi lavora in queste condizioni di invisibilità. La maggior parte sono donne.
Il processo di femminilizzazione del lavoro, sostenuto in ogni parte del mondo dal sistema neoliberista, ha determinato un aumento considerevole di manodopera femminile e nel contempo ha consentito la generalizzazione delle condizioni di lavoro storicamente “assegnate” alle donne : precarietà, flessibilità, part-time, lavoro nero. Condizioni che rendono precarie le nostre esistenze. E a volte le uccidono.
Come è successo a Maria Cinquepalmi, Giovanna Sardaro, Antonella Zaza, Tina Ceci, Matilde Doronzo che hanno visto riconosciuta la loro condizione di lavoratrici solo da morte!
Lavoravano “in nero”, per 4 euro all’ora e fino a 14 ore al giorno, in un maglificio allestito nello scantinato fatiscente di una palazzina di Barletta.
Non le conoscevamo personalmente ma oggi vogliamo pensare a loro e alle loro vite , che sono anche le nostre. E soprattutto non vogliamo dimenticarle né dimenticare il perché della loro drammatica fine.
Per questo il nostro impegno per un mondo più giusto e più libero continuerà con maggior determinazione.
Che il riposo vi sia dolce, amiche di Puglia.
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