Mercoledì alle 9, le donne depositeranno di fronte a Palazzo Madama la propria borsa, vecchia o di cartone, comunque vuota. Un gesto simbolico di protesta contro lo scippo del "tesoretto rosa", i soldi risparmiati dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, che alle donne erano stati promessi, e che invece sono spariti.
Ecco com’è nata la protesta. Tutto comincia giovedì. Donatella Poretti, senatrice Radicali-Pd si alza dal banco in aula durante l’interrogazione al Senato con il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi. Poretti si alza per andare dal ministro a porgergli la sua borsa: «Anziché parlare per un minuto abbiamo deciso di fare un gesto simbolico, porgere al ministro una borsa vuota, così com’è stato svuotato il fondo strategico».
Incalzato dalle domande delle senatrici che chiedevano dove fossero finiti i quattro miliardi del “tesoretto rosa” Sacconi ha preferito elencare gli altri sforzi del Governo in materia di conciliazione e occupazione femminile. Così è partito il gesto della Poretti, quasi di sfinimento, e che ha dato inizio a una mobilitazione di piazza delle associazioni femminili che avevano già lanciato un appello a maggio per difendere queste risorse e che cercavano una forma per esprimere il proprio dissenso. Di qui, l’appuntamento a mercoledì.
Infatti, la bozza di Finanziaria elimina dal Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale, i quattro miliardi di risparmio maturati in dieci anni per l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego. Si legge, all’articolo 6, “interventi in materia previdenziale” che la dotazione del fondo «è ridotta di 252 milioni di euro nell’anno 2012, di 392 milioni di euro nell’anno 2013, di 492 milioni di euro nell’anno 2014, di 592 milioni di euro nell’anno 2015, di 542 milioni di euro nell’anno 2016, di 442 milioni di euro nell’anno 2017, di 342 milioni di euro nell’anno 2018, di 292 milioni di euro nell’anno 2019 e di 242 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020». Esattamente quanto il Governo aveva calcolato dovesse essere destinato a «interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non autosufficienza e all’esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici».
Un bell’aiuto per le donne nei prossimi anni, un consistente piano di investimenti che poteva prevedere asili nido, assistenza per anziani, defiscalizzazione e qualsiasi altra misura che favorisse la conciliazione di tempi familiari e lavorativi e quindi, il lavoro. Le italiane, è risaputo, lavorano poco e fanno anche pochi figli (abbiamo il tasso di fertilità più basso al mondo, peggio di noi solo il Giappone). Come ha ricordato lo stesso Sacconi, il problema dell’occupazione femminile ferma al 46%, (al sud è al 30% mentre la media europea è del 65%, quella degli Stati Uniti è il 68% , in Norvegia il 75%) è antico, ed è in buona parte dovuto all’assenza di adeguati servizi. Pochi asili nido e insufficiente assistenza agli anziani costringono le donne a casa, casalinghe o badanti e a scegliere la carriera ma a rinunciare ai figli.
«È stato difficile trovarsi d’accordo sull’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego – continua Poretti -. Alcune, parlamentari temevano che alle donne non sarebbe tornato indietro nulla e così si è deciso, con l’accordo del Governo, di mettere da parte i risparmi pensionistici, cogliendo l’occasione per sanare le disparità». Quei timori si stanno ora verificando: prima i 120 milioni del 2010 distratti per sanare i buchi dei comuni (una quota, si è appurato, è stata usata per finanziare gli asili), poi il decreto Sviluppo che tace sull’utilizzo dei fondi e ora la Finanziaria che prevede il taglio permanente dei risparmi, lasciando le donne a secco. Quattro miliardi (3, 7 milioni per la precisione) saranno impiegati per sanare buchi di bilancio. A microfoni spenti, dopo il question time in diretta tv, la senatrice Poretti riferisce che il ministro Sacconi abbia detto: «Queste cose le dovete chiedere a Tremonti».
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