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PERCHÉ UN NUOVO PUNTO G: GENOVA – GENERE – GLOBALIZZAZIONE. A GENOVA, 10 ANNI DOPO, A GIUGNO 2011

L’appello sottoscritto anche da IFE Italia
giovedì 23 giugno 2011

10 anni fa, il 15 e 16 giugno 2001, a Genova a Palazzo San Giorgio la rete delle donne, (che allora era riunita sotto la sigla Marcia mondiale delle donne), aprì le iniziative politiche del Genova Social Forum con tre giorni di dibattiti, seminari e una manifestazione – happening per le vie della città, dal titolo PUNTO G: GENERE E GLOBALIZZAZIONE – Per una società di donne e uomini equa, solidale, pacifica e democratica.

Un mese prima della riunione dei G8, che si sarebbe tenuta a luglio nel capoluogo ligure: per avere più tempo per approfondire in modo inedito l’impatto della globalizzazione sulle vite delle donne a livello planetario, e per segnare con l’ottica di genere la lotta contro gli effetti del neoliberismo economico e politico. Le oltre 1000 donne che parteciparono a Punto G, in rappresentanza di oltre 140 gruppi femministi nazionali e internazionali, aderirono sulla base di una Carta di intenti che, riletta oggi, risulta sorprendentemente profetica: in essa si esprimeva preoccupazione per la riduzione degli spazi pubblici garantiti dalla Costituzione alle cittadine e ai cittadini, per il proliferare di sessismo e razzismo, per le ingerenze dei fondamentalismi religiosi, per la riduzione della libertà nelle scelte riproduttive e sessuali, per l’inquinamento del pianeta, per le violenze e le molestie in famiglia, a scuola e sul lavoro, per una politica economica iniqua, per la distruzione dello stato sociale, per le guerre dimenticate, per il crescente militarismo.

Si contrapponeva a tutto questo una visione globale opposta: si ragionava su una diversa economia, basata sulla soddisfazione dei bisogni e non sul profitto, che riconoscesse l’intreccio indissolubile tra la sfera produttiva e quella riproduttiva, sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, nativi e migranti, si sosteneva la necessità di una cittadinanza europea basata sulla residenza e non sulla nazionalità.

Si prendeva spunto dall’assise femminista delle Ong di Pechino del 1995, e si affermava che le donne avrebbero lottato affinché il mondo non fosse in vendita, così come il corpo femminile non fosse più sfruttato, offeso, violato, mercificato, negato. Oggi, a distanza di 10 anni, le previsioni, le paure, le ragioni di allora sono ancora più evidenti. Per questo, cogliendo spunto da questo anniversario, in rete con i movimenti misti con i quali molte di noi lavorano in spirito di collaborazione per la costruzione di momenti collettivi che da giugno a luglio 2011 popolino Genova con la politica del cambiamento, della speranza e dei diritti, proponiamo a tutte coloro che da quei giorni non hanno mai smesso di portare avanti le ragioni di allora, e a tutte coloro che, pur non avendo partecipato a quelle elaborazioni, ogni giorno costruiscono elementi di un mondo diverso con le loro lotte e le loro pratiche di costruire assieme un nuovo Punto G Genova a giugno 2011. Vorremmo, a 10 anni di distanza, rincontrarci a Genova a giugno 2011 riprendendo il filo di Punto G, perché siamo state cambiate, oltre dagli eventi successivi, anche da quell’incontro, che ha consegnato a molte la responsabilità di costruire futuro migliore anche per chi non c’era. Per usare le parole di Robin Morgan: “Noi siamo le donne che sanno che tutte le questioni ci riguardano, che reclamano il loro sapere, reinventeranno il loro domani, discuteranno e ridefiniranno ogni cosa, incluso il potere. Sono decenni ormai che lavoriamo a dar nome ai dettagli del nostro bisogno, rabbia, speranza, visione. Abbiamo rotto il nostro silenzio, esaurito la nostra pazienza. Siamo stanche di enumerare le nostre sofferenze – per intrattenere o essere semplicemente ignorate. Ne abbiamo abbastanza di parole vaghe e attese concrete; abbiamo fame d’azione, dignità, gioia. Intendiamo fare di meglio che resistere e sopravvivere. Hanno tentato di negarci, definirci, piegarci, denunciarci; ci hanno messe in prigione, ridotte in schiavitù, esiliate, stuprate, picchiate, bruciate, asfissiate, seppellite – e ci hanno annoiate. Ma niente, neppure l’offerta di salvare il loro agonizzante sistema, ci può trattenere. Per migliaia di anni le donne hanno avuto responsabilità senza potere, mentre gli uomini avevano potere senza responsabilità. Agli uomini che accettano il rischio di esserci fratelli offriamo un equilibrio, un futuro, una mano. Ma con loro o senza di loro, noi andremo avanti. Perché noi siamo le Antiche, l’Essere Nuovo, le Native venute per prime e rimaste, indigene come nessuno. Siamo la bambina dello Zambia, la nonna della Birmania, le donne del Salvador e dell’Afghanistan, della Finlandia e di Fiji. Siamo canto di balena e foresta pluviale; l’onda sommersa del mare che monta, immensa, a spezzare in mille frammenti il vetro del potere. Siamo le perdute e le disprezzate che, piangendo, avanzano nella luce.

Questo noi siamo. Siamo intensità e energia. Siamo i popoli del mondo che parlano – che non aspetteranno più e non possono essere fermati. Siamo sospese sull’orlo del millennio: alle spalle la rovina, davanti nessuna mappa, il sapore della paura acuto sulle nostre lingue. Eppure faremo il salto. L’esercizio dell’immaginazione è un atto di creazione. L’atto di creazione è un esercizio della volontà. Tutto questo è politica. È possibile. Pane. Un cielo pulito. Pace vera. La voce di una donna che canta chissà dove, melodia che spira come fumo dai falò campestri. Congedato l’esercito, abbondante il raccolto. Rimarginata la ferita, voluto il bambino, liberato il prigioniero, onorata l’integrità del corpo, ricambiato l’amante. Magico talento di trasformare i segni in significato. Uguale, giusto e riconosciuto il lavoro. Piacere nella sfida che porta, concordi, a risolvere i problemi. La mano che si alza solo nel saluto. Interni – dei cuori, delle case, dei paesi – così solidi e sicuri da rendere finalmente superflua la sicurezza dei confini. E ovunque risate, sollecitudine, festa, danze, contentezza. Un paradiso umile, terrestre, ora. Noi lo renderemo reale, nostro, disponibile. Noi disegneremo la politica, la storia, la pace. Il miracolo è pronto. Credeteci. Siamo le donne che trasformeranno il mondo”.


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PERCHÉ UN NUOVO PUNTO G: GENOVA – GENERE – GLOBALIZZAZIONE. A GENOVA, 10 ANNI DOPO, A GIUGNO 2011

21 febbraio 202407:04, di anaseo
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