Stamattina in funicolare , mentre ci recavamo al lavoro, si commentava con un’amica la complessa situazione generale , si mettevano in luce le tante contraddizioni che la caratterizzano e si auspicavano “tempi migliori”. Riflettendo poi da sola sulla conversazione mi sono fatta persuasa che è più d’ogni altra la condizione femminile ad esprimere tale contraddittorietà e a consentire qualche speranza. Una condizione fortemente segnata dalla precarizzazione del lavoro , dagli effetti della crisi economica e dalla trasformazione dei sistemi di servizi pubblici ( ricordo una giovane donna romana che in un’affollata assemblea di qualche tempo fa affermava, con sagace ironia, che “grazie” alla precarietà le donne non sono più seconde agli uomini!) ma al contempo capace di affrontare le difficoltà , ovunque ed in particolare al Sud del mondo, trasformandole in risorse. Nel documento dell’aprile scorso dell’ OCSE “Women’s economic Empowerment” emerge chiaramente come le donne siano le più capaci a gestire percorsi economici di micro-credito, a rilanciare l’agricoltura di sussistenza, a costruire percorsi di solidarietà per ridare senso e sostanza alla dimensione pubblica, a lottare per ridare dignità e diritti al lavoro. Una condizione fortemente condizionata dal ritorno prepotente di fondamentalismi di varia natura o di stereotipi che tentano di riproporre o consolidare , ovunque nel mondo, il vecchio immaginario misogino secondo cui le donne non possono che essere o “sante o prostitute”. Un condizionamento però che non impedisce affatto alle donne di manifestare il proprio desiderio di autodeterminazione e di partecipare da protagoniste a tutte le manifestazioni che parlano il linguaggio della liberazione. Ciò che avviene nei paesi arabi né è istruttiva espressione. Una condizione considerata “minore” da quella parte del genere maschile (dura a morire purtroppo) ancora bisognosa di credersi “sesso forte” che però non impedisce alle donne di sapersi misurarsi con il potere e di prenderselo, se ve n’è l’occasione ( gli esempi “nostrani” dell’elezione di una donna a segretaria generale della Cgil e di un’altra a direttora generale della RAI, ne sono alcuni positivi esempi). Per questo, pur non pensando che l’essere donna sia di per sé una garanzia , sono convinta che “se tutte le donne del mondo” volessero sfidare con ancora maggior determinazione il “potere costituito” per proporre un modello differente di relazioni sociali, politiche, economiche , forse si potrebbero trovare soluzioni più intelligenti ed adeguate ai problemi che ci afflingono. Non foss’altro che dopo millenni di “dominazione” maschile non viviamo certo nel migliore dei mondi possibili…. Da questo punto di vista ben venga a Genova il 25 e il 26 giugno 2011 “Punto G: genere e globalizzazione” Un forum nazionale organizzato da diverse reti di donne, femministe e non solo, che, a dieci anni dal primo, proverà a leggere ed a analizzare , con sguardo di genere, i processi in atto per offrire proposte e, se ne saremo capaci, soluzioni differenti. A chi volesse informarsi e magari partecipare consiglio il sito www.puntoggenova2011.wordpre... Ho preso la funicolare e sono finita a Genova, chissà forse dovremmo cominciare a credere che nulla è scontato, anche se vorrebbero farci credere il contrario.
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