Quando una denuncia di assalto sessuale o molestia che investe qualcuno di alto profilo raggiunge la stampa, potete star sicuri che la macchina del contrattacco andrà a velocità amplificata. Biasimo delle vittime, seguito da svergognamento delle vittime, il tutto circondato da un coro greco di “perché?”. Perché lei non è venuta fuori prima? Perché non ha semplicemente detto “no”? Perché non l’ha detto a tutti, non ha interpellato la stampa, non denunciato penalmente e non ha difeso se stessa? Come se fosse la cose più facile del mondo per una donna ergersi da sola nell’arena pubblica, che è già affamata e raglia per avere il suo sangue, e sbattere giù un sistema che ha aiutato e favorito i Golia per le ultime migliaia di anni.
Pure la questione permane, lasciando il retrogusto del dubbio sulle nostre lingue. Perché una donna che è stata umiliata e molestata dal suo capo, una donna che è stata stuprata, una donna che è stata picchiata sino a diventare coperta di lividi, non dovrebbe farsi avanti? Perché? Perché le donne spesso esistono fra l’incudine e il martello (ndt.: “between a rock and a hard place”, letteralmente “fra una roccia e un luogo duro, difficile”, per questo l’autrice nel testo parla di “scheggiare le rocce”).
Una donna esiste in questo spazio ristretto, intrappolata fra due scelte sgradevoli, in qualunque momento si trovi a fidarsi dei suoi propri istinti (e degli istinti comuni trasmessi da donna a donna, generazione dopo generazione) per poter sopravvivere a una determinata situazione. Moltissime volte la situazione non è una minaccia di morte, l’essere zittite da qualcuno che ti parla addosso, l’essere interrotte, il vedere le tue idee rubate senza che ti sia dato credito. L’essere guardate in modo lascivo, toccate senza consenso, consigliate di sorridere. A volte, tuttavia, c’è ben di più in gioco del tuo ego o del tuo nome in calce a una pubblicazione.
È decisamente bizzarro pensare che un “No!” gridato a voce alta basti a fermare uno stupro o un assalto sessuale. Semplicemente, non è vero. Le donne ovunque sanno che non è vero. Ciò che le donne anche sanno è che qualche volta la migliore probabilità di sopravvivenza sta interamente in un’altra direzione. Ma se lei non dice di no, la legge, i tribunali, la società (uomini e donne) presumono un certo livello di consenso.
Morte o stupro? Sopravvivenza o aggressione? Stuprata con più violenza o creduta in tribunale? Incudine e martello.
Anche quando una donna dice “no”, se non è volume abbastanza alto, ripetuto abbastanza, nel giusto tono, timbro e accordo – potremmo venir fuori con mille differenti richieste – non è sufficiente. Perché? Perché quando una donna dice “no”, tutto quel che serve all’accusato è contraddirla. Se denuncia il fatto rischia che le sue azioni, i suoi vestiti, la sua sessualità, il suo consumo di alcolici e le sue scelte di vita siano messe in questione e giudicate, di solito come cattive… o tenta di muoversi in avanti nella sua vita sapendo che l’accusato l’ha fatta franca. Incudine e martello.
Una donna molestata sessualmente sul lavoro deve decidere se parlarne apertamente con la possibilità di rischiare la sua carriera, una promozione, la sua reputazione professionale. Deve decidere se denunciare il capo palpeggiatore all’ufficio personale vale il rischio. Incudine: capo lascivo che ti palpa il culo. Martello: brutte valutazioni che possono stroncare le sue prospettive di carriera, l’essere segnata sulla lista nera nell’intera industria, l’essere cacciata via dal lavoro.
Una donna in una situazione di violenza domestica deve calcolare le probabilità che il suo partner abusante metta in pratica le minacce di uccidere lei, i suoi parenti o i suoi bambini. Può dover decidere fra l’incudine della miseria finanziaria o il martello di un pugno in faccia a giovedì alternati.
Una donna che è molestata per strada pesa il rischio di reagire. Una donna a cui viene detto di sorridere deve decidere. L’incudine dell’umiliazione e della rabbia? O il martello della concreta possibilità di essere seguita, pedinata, o fisicamente in pericolo? Le donne sono uccise per molto meno.
Le donne sanno, istintivamente e tramite esperienza, che dire “basta” o “no” a voce più alta, e persino dire qualcosa del tutto, è a volte pericoloso: economicamente, fisicamente, socialmente. Quando lo è, lei è costretta a scegliere l’opzione meno peggiore.
Quando l’opzione meno peggiore è l’umiliazione di dover sopportare il capo porco o degli adolescenti cafoni che ti chiamano “figona”, tu fai questi calcoli nella tua testa velocissimamente. Quando l’opzione meno peggiore ti permette di sopravvivere, di lavorare, di muoverti in avanti, tu fai questi calcoli. Non significa che la situazione ti piaccia. O che tu l’abbia provocata. Non la rende a posto. Non la giustifica. Non la fa legittima.
Però, di continuo, la scelta di una donna fra due opzioni schifose è usata contro di lei. Dev’esserle piaciuto. Se davvero la infastidiva avrebbe detto qualcosa. Se fosse vero si sarebbe fatta avanti. Vedo commenti benintenzionati di questo tipo per tutto il tempo.
“Se si fosse trattato di me… gli avrei tirato un pugno, avrei gridato, sarei andata via, avrei lottato con più forza, avrei divorziato, mi sarei difesa…”. La vita è in bianco e nero per coloro che non hanno mai camminato nelle scarpe altrui.
Contrariamente a quanto dice lo stereotipo, le donne sono abili in matematica. Lasciate che vi racconti dei calcoli mentali fatti dalla maggioranza delle donne in vari momenti della loro vita. Di quelli che comportano il misurare le probabilità di tornare a casa da sola la sera e arrivarci sana e salva e non stuprata. Le probabilità di continuare a camminare liberamente se reagisci a qualche molestia in strada, la sottrazione dell’affitto dal salario che potresti perdere se denunci il tuo collega.
Le donne crescono facendo il conto delle probabilità nel sottofondo delle loro menti. Diventa una seconda natura. Quando ti confronti con situazioni simili, scegli. E la scelta qualche volta si situa fra l’incudine e il martello.
Questo è ciò che le donne negli spazi femministi stanno tentando di dire all’esterno. L’eguaglianza, persino all’interno di leggi che proteggono da cose come l’aggressione e la molestia, è assai più complicata dal semplice dire no, allontanarsi o denunciare. Se tutto quel che serve fossero donne che dicono “no” con maggiore fermezza, il mondo sarebbe un posto diverso. E dannatamente più chiassoso.
È ingiusto porre il fardello della sopravvivenza, o di una vita priva di molestie, solo sulle spalle delle donne. Sì, le donne dovrebbero parlare, essere assertive e persino aggressive alle volte. Ma gli uomini devono imparare ad ascoltare.
L’onere non sta sulla donna che non deve farsi stuprare. L’onere sta sull’uomo che non deve stuprare. L’onere non sta sulla donna che deve dire “No!” a voce più alta, uscire allo scoperto più velocemente, o parlarne. L’onere sta in primo luogo sugli uomini, nello smettere di fare quel che fanno.
In effetti, in tutti quei “perché” ciò che si nasconde fra le righe è questo: perché lei ha lasciato che le accadesse. Le donne non si lasciano molestare. Le donne non si lasciano stuprare. Non si lasciano picchiare. Queste sono cose che sono fatte alle donne. Sono fatte alle donne da stupratori, violenti, molestatori. Non permettete a nessuno di spostare la colpa, o la responsabilità, o il linguaggio contro le donne.
Quel che state vedendo ora – la reazione, l’oltraggio – non è frutto di una piccola congrega di donne intenzionate a rendere miserabile la vita degli uomini. Le donne non odiano gli uomini. Al contrario, la maggior parte di noi li ama. Siamo sposate con loro, li cresciamo come figli, siamo loro amiche.
Il suono che sentite ora sono le donne che scheggiano le rocce (ndt. l’incudine), che spingono contro i luoghi difficili (ndt. il martello), assicurandosi maggior spazio pubblico. Sono le donne che tentato di forgiare uno spazio più ampio per vivere, amare e lavorare di modo da non essere costrette fra le due opzioni schifose. Incudine. Martello.
Non significa che non ci sia spazio per gli uomini. Significa solo che gli uomini devono diventare migliori nel condividere quello spazio.
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