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La Fortezza dei Tartari

di Flore Murard-Yovanovitch
sabato 24 settembre 2016

La prevedibile “soluzione” militare alla crisi capitalistica si sta accelerando. Interessante leggere il discorso di Jean-Claude Juncker sullo Stato dell’Unione 2016, pronunciato il 14 settembre al Parlamento europeo che aveva per titolo “Un’Europa che protegge, che dà forza, che difende” (tutto un programma). Un’anteprima della rifondazione dell’Europa sui cardini di sicurezza/difesa mentre si palesa la fase acuta del Fascismo della Frontiera. Come già annunciato a Ventotene, il progetto Ue non è altro che “una Schengen della difesa”: maggiori fondi alla ricerca militare, registro delle persone che entrano e escono dall’Ue, nuova guardia costiera e di frontiera comune, maggiori spese militari – una fortezza aggressiva con bastioni fino in Africa sub-sahariana (con il Migration Compact, 44 miliardi per bloccare e detenere i profughi nei regimi e le dittature di partenza) e in un dettaglio orwelliano di questo macabro elenco, il wi-fi pubblico per tutti (e quindi meglio controllabili). Mentre a Bruxelles è allo studio un “Sistema di informazioni di viaggio e autorizzazione (Etias) che permetterà uno screening dei viaggiatori di Paesi Terzi che non hanno obbligo di visto, determinando la loro candidabilità ad entrare nell’area Schengen, e se la loro presenza ponga rischi, e ogni entrata nell’Ue sarà verificata da database interconnesse.

Se non fosse un 1984 da brividi, il testo di Juncker sembra un pallido remake degli anni ’30 militarista. Rimane da chiedersi se siamo ormai ancora governati dalla “politica” o dal suo braccio armato, se non ci siamo ancora accorti del “coup” successo alcuni mesi fa ai vertici di Bruxelles; o se si sta solo dispiegando di fronte ai nostro occhi anestetizzati l’annunciato spettacolare integrato. Ormai Commissione e Parlamento europeo, sembrano una mostruosa macchina impazzita mirata alla difesa paranoica dei confini, contro un nemico costruito e immaginario – il migrante -, che ripete i mantra “sicurezza”, “flessibilità”, “anti-terrorismo” e “blocco del flusso migratorio”. Con mezzi militari. Il nodo spaventoso, è infatti, che nella disintegrazione del progetto Ue, l’unico collante – l’unica unità strategica – che vogliono raggiungere i 27 per evitare la rinazionalizzazione (come succede de facto a Est nei paesi del “Gruppo di Viségrad”), sia di accordarsi sulla difesa comune, e la costruzione di un dispositivo di sorveglianza alla Frontiera esterna. Un Deserto dei Tartari. Xenofobo.

Se Juncker ha letto Buzzati, si è dimenticato di citarlo. Ecco come risponde a quello che lui stesso nomina la “crisi esistenziale dell’Europa”. “Dobbiamo sapere chi attraversa i nostri confini. Frontex dispone già di seicento agenti sul terreno in Grecia, al confine con la Turchia, e di oltre cento in Bulgaria (…). Voglio che a partire da ottobre ai confini esterni della Bulgaria siano stanziati duecento guardie di frontiera e cinquanta veicoli extra”. Cioè, militari sui confini, esterni, boots on the ground in Siria e Libia, accelerazione della ricerca

Al cittadino viene lasciato il dilemma, tra due speculari prospettive, la disintegrazione nazionalistica-xenofoba o la barbarie anti-migrante sul confine; che presto sarà anch’essa interna. Perché è ovvio che questa accelerata fascistizzazione armata pro e sulla frontiera, avrà delle ripercussioni anche interne, con le solite restrizioni delle libertà, voci del dissenso controllate, in mezzo a crescenti aggressioni razziste contro rifugiati (l’ultima a Bautzen in Sassonia da sostenitori di Pegida). Una psicopatologia di massa da cui abbiamo giù tutti i sintomi. Ma rari, sembrano vedere il precipizio, o osano agire un chiaro rifiuto “all’Unione militare europea” (Alex Zanotelli).

Questa accelerazione ha però una faccia nascosta, la più barbarica e genocidaria – la vera guerra è al soggetto migrante. La soluzione alla cosiddetta emergenza rifugiati non viene più già da alcuni anni, affrontata in termine di politica o di questione umanitaria (ancor meno di diritto internazionale), ma con una “soluzione militare”. Militari sui confini e respingimenti coatti di potenziali richiedenti asilo, a mare. Come augurava il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, che giovedì 15 settembre in una conferenza stampa con suo omologo Paolo Gentiloni, caldeggiava la misura deterrente di “respingere” i barconi di migranti verso la Libia “per impedire che raggiungano l’Italia”, una misura che a suo parere avrebbe un “effetto dissuasivo” (Reuters). Dopo l’interessante lapsus dove riconosce che la missione Sofia “abbia respinto circa 200.000 migranti” per poi venir corretto da un diplomatico vicino e insistere “scusi, li abbiamo soccorsi, soccorsi”. In questo lapsus metaforico si rivela la cinica realtà, la “soluzione” in corso sui confini turco e libico: respingimenti, non soccorsi. Ovvero proseguire i mediatizzati soccorsi dalle navi militari per nascondere all’opinione pubblica i respingimenti in massa in corso e loro conseguenze letali sulla vita dei deportati.


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La Fortezza dei Tartari

28 novembre 201709:21, di Angelica Mandy
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