Alcune sere fa ho sentito Corrado Augias svicolare a una domanda un po’ invasiva di Lilli Gruber sul suo voto al referendum del 17 aprile. Con aria garbatamente divertita Augias rispondeva che gli sembrava irrealistico tornare al tempo delle contadinelle con canestri di fiori tra le braccia, immerse nella serenità bucolica di una natura incontaminata.
Una risposta analoga, da un personaggio che mai avrebbe scelto di far coppia con Augias (e viceversa) fu quella di Irene Pivetti. Nel corso di una trasmissione di “La Gabbia”, con fare assai più perentorio, Pivetti liquidava mare pulito e ambiente disinquinato come una “bella favola”. Segno che entrambi probabilmente non voteranno Sì…
Pare che realtà e fantasia si scontrino nel referendum del 17 aprile. La realtà è sotto gli occhi di tutti. Se si vuole proseguire nel solco tracciato dal secolo XIX a oggi non c’è che da continuare a percorrere quella via, che fu di riscatto per chi viveva in condizioni miserevoli, di arricchimento spropositato per coloro che nel progresso investirono e investono capitali, di trionfo delle leggi di un mercato spietato, tanto più oggi nella dimensione globale del nostro pianeta.
È la via che sta percorrendo il governo Renzi, integrato nella dimensione europea e mondiale: la corsa ad accaparrarsi fette di mercato, per poter garantire la ripresa e posti di lavoro. Ma il suo Governo non doveva “cambiare verso”? E invece eccolo lì, il nostro presidente del Consiglio, proteso a sbloccare lavori pubblici e privati, incurante del loro impatto ambientale, dichiarando apertamente di voler garantire entrate per lo Stato e posti di lavoro. Il voto del 17 aprile può dargli ragione o torto.
Qualcuno, anzi tanti e tante, si meravigliano per gli scandali intorno al petrolio. Ma è normale che ciò avvenga intorno a un bene di quella dimensione! Ricordate Enrico Mattei e le 7 sorelle? Scandaloso è, semmai, che Renzi e Boschi – tirati in ballo – a gran voce si siano dichiarati favorevoli all’introduzione in sordina di un emendamento, che a prescindere dal tanto o poco ricavo di petrolio nel nostro mare, segna una via di prosecuzione in una direzione “contrastiva” con quanto emerso nella Conferenza di Parigi sul Clima, ma soprattutto con quel “cambiamento di verso” annunciato.
Ma non è questa la realtà in cui viviamo e vogliamo continuare a vivere? Si può dare una colpa a Renzi, quando noi per primi non vogliamo fare passi indietro nei consumi e nei comfort in cui siamo immersi?
La settimana scorsa mi trovavo nell’immensa aula della Corte di Cassazione. Un caldo soffocante. Abbiamo dovuto aprire i finestroni! Le presentatrici dei Tg Rai sono spesso abbigliate in abiti da clima estivo. Segno che anche lì non si bada a sprechi nel riscaldamento… E il consumo dell’acqua nella doccia, della luce elettrica negli appartamenti?
La ritrosia a dotarsi di energie rinnovabili nel riscaldamento/raffreddamento domestico, a ricorrere ad auto private “senza benzina”, è una caratteristica particolare dell’Italia. Siamo una popolazione incredula, diffidente, che crede che tutto questo sia fantasia, o che comunque non ci garantirebbe il benessere attuale, o troppo difficile procurarsi installazioni inconsuete benché il livello raggiunto dall’applicazione delle ricerche nel settore qualcosa già oggi consenta.
Il voto del 17 aprile non è un referendum per un ritorno al passato o a semplice fantasia, né è un voto solo per un mare pulito, incontaminato, che piace a tutti.
È il voto per una politica energetica che collabori con gli esiti della Conferenza di Parigi sul clima e indichi al nostro Governo gli impegni da prendere nella ratifica del Patto di Parigi che si terrà a New York il prossimo 22 aprile, “Giornata della Terra”.
Non si tratta dunque di contrapporre fantasia a realtà, ma di opporre una realtà diversa alla realtà in cui siamo immersi. Le Trivelle e la nuova petroliopoli sono delle occasioni per rendere palpabili gli aspetti negativi e nocivi di un percorso energetico, che però per essere sconfitto richiede non solo un voto per indispettire Renzi, ma una scelta appassionata per il futuro di un’umanità libera dalla minaccia del surriscaldamento del pianeta e dalle armi nucleari, pur se ciò comporta scelte individuali, anche drastiche, nell’ autoriduzione dei consumi, delle abitudini, dei ritmi di vita…
Solo in questa prospettiva il Sì del 17 aprile acquisterà il suo pieno significato.
Antonia Sani (13 aprile 2016)
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